Libri e documenti per conoscere ergastolo e 41bis

In questa sezione proveremo a tenere insieme i più importanti testi che divulgano informazioni sugli inumani regimi dell’ergastolo e del 41bis, pubblicati nel corso dei decenni nel nostro paese.

Ergastolo ostativo. Percorsi e strategie di sopravvivenza, di Salvatore Curatolo (Rubettino, 2022)

Un ergastolano ostativo, da trent’anni ristretto all’interno dei circuiti di Alta Sicurezza delle carceri italiane, descrive le proprie strategie di sopravvivenza in un’autoetnografia scritta con il ritmo di una narrazione. Una voce, quella di Salvatore Curatolo, che si leva all’interno delle sezioni detentive speciali a testimoniare lo sforzo del vivere in un contesto che impone un continuo lavoro interiore di adattamento a conflitti, a interazioni, a dolorose trasformazioni. Il perimetro chiuso del carcere si rivela come un contesto di vita estremo, abitato da persone allo sbando dopo traumi e fratture passate e presenti, ognuna alla ricerca di una nuova versione di sé. Il libro si concentra sulla descrizione e sull’analisi sociologica del “carcere duro” enucleandone culture, stratificazione e norme sociali. Su questo sfondo si dipana la vicenda personale di Curatolo che, tra le tecniche e le strategie di reazione possibili per il proprio recupero psicologico e materiale, ha prediletto un percorso formativo scolastico e universitario attraverso cui ha costruito una nuova realizzazione, una diversa prospettiva, una nuova chiave di lettura della propria storia e del proprio futuro.

La mia Iliade. Un’odissea di quarant’anni a inseguire la vita, di Mario Trudu (Strade Bianche, 2021)

Riflessioni sul passato di isola-prigione dell’Asinara tra ergastolo, diritto, giustizia e speranza individuano il carcere, se pure dismesso alla fine del secolo scorso, come il simbolo di una nuova liberazione.

L’inferno dei regimi differenziati, di Alessio Attanasio (Contrabbandiera, 2021)

L’inferno dei regimi differenziati (41-bis, aree riservate, 14-bis, AS) è la testimonianza di Alessio Attanasio, sottoposto al regime carcerario differenziato dal lontano 2002. Da allora, ha “visitato” tutte le sezioni esistenti in Italia, sperimentando le ingiustizie del grottesco sistema penitenziario italiano e la spesso arbitraria applicazione dei regimi differenziati – in merito ai quali ha prodotto un’ampia letteratura corroborata dagli studi che ha intrapreso in questi anni, nei quali ha conseguito una laurea in Scienze della comunicazione e in Giurisprudenza.

Le vostre prigioni. Vita da ergastolano, di Carmelo Musumeci (2020)

Quando uno scrive non è mai sicuro di niente. E non è vero che uno scrive per sé stesso, si scrive sempre per gli altri. Si scrive per sentirsi vivi. Io scrivo anche per dimostrare a me stesso che, nonostante sia chiuso in una cella, coperto di cemento, sbarre di ferro e cancelli blindati, non solo respiro, ma sono anche vivo.In questo volume si alternano parti di diario, racconti, poesie e storie più lunghe, il tutto scritto negli anni più bui della mia storia carceraria, durante i quali credevo veramente che di me dal carcere sarebbe uscito solo il cadavere. Ho deciso di pubblicare questo libro perché penso che tutto quel dolore vada ancora raccontato, per non dimenticare. Mi auguro che questo libro possa aiutare a far conoscere l’esistenza in Italia della “Pena di Morte Viva” e che possa servire a far sapere alla società che una sofferenza inutile non fa bene a nessuno, neppure alle vittime dei nostri reati (Carmelo Musumeci).

La pena di morte viva. Ergastolo, 41 bis e diritto penale del nemico, di Elton Kalika (Meltemi, 2019)

Nel corso dell’ultimo secolo i paesi che hanno approvato la cancellazione della pena di morte, a vantaggio di misure detentive, hanno salutato il cambiamento come un passo in avanti nella tutela dei diritti civili. Ma l’ergastolo, la pena senza fine, è veramente una misura più umana? Elton Kalica ha deciso di scrivere della vita dei detenuti per aprire piccole finestre che permettano agli sguardi distratti della gente fuori di fermarsi un attimo e guardare dentro. Avvalendosi dei concetti di habitus ed ethos introdotti dal sociologo Pierre Bourdieu, Kalica raccoglie le testimonianze dei carcerati e riflette sulla disumanità dell’ergastolo ostativo.

Le istituzioni dell’agonia. Ergastolo e pena di morte, di Nicola Valentino (Sensibili alle foglie, 2017)

Nel mondo, una parte dell’umanità vive una condizione di agonia, non a causa di una malattia terminale, ma perché viene ridotta in agonia, posta in agonia, attraverso due istituti dei sistemi penali che sono la pena di morte e l’ergastolo. Di queste pene capitali è qui delineata la sostanziale similitudine, attraversando le esperienze delle persone nei bracci della morte e di quelle condannate “fino alla morte del reo”. Le 1677 persone attualmente all’ergastolo in Italia costituiscono una presenza luttuosa per la società, o meglio, per quelle porzioni di società che non desiderano, non vogliono, che una persona possa essere condannata fino alla morte. Vestire il lutto per l’esistenza di una morte sociale da pena capitale può costituire un modo per rendere palese ciò che viene celato istituzionalmente, oppure culturalmente giustificato attraverso la mostrificazione dei condannati. Questo libro sollecita anche uno spostamento lessicale rispetto all’uso di parole che celano la crudezza della condizione. Solo l’abolizione dell’ergastolo e l’attestarsi del sistema penale sulle pene temporali che già esistono, può rimettere in gioco parole abusate nella narrativa sull’ergastolo come il termine speranza. La sua simbologia può avere un valore e un senso solo se è scritta in sentenza una data di fine pena.

Le Cayenne italiane. Pianosa e Asinara: il regime di tortura del 41 bis, di Pasquale De Feo (Sensibili alle foglie, 2016)

Questo libro raccoglie testimonianze e memorie sull’esperienza del 41 bis nelle sezioni Agrippa di Pianosa e Fornelli dell’Asinara nei primi anni novanta del Novecento. Benché questi luoghi specifici siano stati chiusi, circa settecento persone, tuttora, sono sottoposte al regime del 41 bis, in totale spregio della Costituzione e del buon senso. E il corpo speciale, Gruppo Operativo Mobile, addestrato per gestire le sezioni a 41 bis con i metodi narrati in queste pagine, non soltanto non è stato sciolto, ma continua ad essere impegnato quotidianamente nel nostro democratico Paese. Paese che, centocinquantacinque anni dopo l’Unità, continua ad esercitare discriminazioni razziste verso i cittadini del Sud, predisponendo per loro un destino di nuove Cayenne italiane.

Liberi dall’ergastolo. L’esperienza dei viaggi al cimitero degli ergastolani dell’isola di Santo Stefano “Porta un fiore per l’abolizione dell’ergastolo”, a cura di Nicola Valentino (Sensibili alle foglie, 2016)

Questo libro racconta l’esperienza che un gruppo, sempre rinnovato, di viaggiatori e viaggiatrici compie ogni anno dal 2011, recandosi al cimitero degli ergastolani del carcere di Santo Stefano (Ventotene) dismesso dal 1965. Un luogo simbolico che consente di vedere ciò che l’ergastolo, ancora oggi, sentenzia: la condanna di una persona a morire in carcere. Il progetto si intitola “porta un fiore per l’abolizione dell’ergastolo” e il viaggio si svolge in modo ricorrente nel mese di giugno in relazione con la giornata mondiale dell’ONU contro la tortura nel mondo. Liberi dall’ergastolo costituisce una iniziativa che il gruppo ha promosso sollecitando, attraverso l’adozione di un logo, singole persone, gruppi, associazioni, enti a dichiararsi liberi dall’ergastolo e indisponibili a condividere la permanenza nel mondo di questa pena. Il libro si conclude con alcune considerazioni del curatore sui dispositivi dell’ergastolo contemporaneo come pena capitale al pari della pena di morte: se con la pena di morte lo Stato toglie la vita ad una persona, con l’ergastolo se la prende.

Aspettando il 9999. Poesie e scritti dall’ergastolo e dal 41 bis, di Giovanni Farina (Sensibili alle foglie, 2015)

Questo libro vuole essere testimonianza e denuncia del sistema giuridico e penale italiano, attraverso la voce di un uomo il cui fine pena è indicato nel sistema informatico con il codice 9999 nella casella che contempla l’anno di scadenza della carcerazione. La disumanità del “fine pena mai” e del trattamento in regime di 41 bis emerge da questi scritti che inducono ciascuno di noi a confrontarsi con questi istituti e ci invitano a prendere posizione in prima persona.

L’inferno di Pianosa. L’esperienza del 41 bis nel 1992, di Rosario E. Indelicato (Sensibili alle foglie, 2015)

Nel 1992 alcune centinaia di persone vengono prese e deportate nelle carceri del circuito di Alta Sicurezza – cinquantadue solo a Pianosa – e vengono sottoposte a trattamenti inimmaginabili. La parola chiave di quella esperienza, giustificata istituzionalmente come “lotta alla mafia” e regolata dall’applicazione dell’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario, può essere sintetizzata come pratica della tortura, reato che ancora oggi non è previsto nei codici italiani. Rosario Enzo Indelicato è una di quelle centinaia di persone a cui è toccato vivere l’inferno quotidiano, che va molto aldilà delle restrizioni formali a cui fanno riferimento gli articoli di legge e getta i detenuti in una condizione di non vita, nell’indifferenza delle istituzioni e di molti cittadini. Indifferenza e non ignoranza, come si evince dalla testimonianza dell’Autore, che ha scontato, in attesa di giudizio, cinque anni in quella terra di nessuno dove i diritti più elementari vengono cancellati dalla prepotenza e dalla violenza della polizia penitenziaria, alla quale è affidata consapevolmente la gestione delle carceri. Questo libro non vuole essere una denuncia: sentenze e documenti istituzionali su quei fatti esistono già. Vuole essere un faro acceso sulle celle nascoste delle carceri italiane: perché nessuno possa fingere di non sapere cosa succede, ancora oggi, lì dentro.

41 Bis. Il carcere di cui non si parla, di Maria Rita Prette (Sensibili alle foglie, 2012)

Gli anni nei quali è stato scritto il testo dell’art. 41 bis dell’Ordinamento penitenziario sono quelli di confine tra l’“emergenza terrorismo” e l’“emergenza mafia, criminalità organizzata”.  Non si vuole qui dare giudizi sui fenomeni sociali e politici richiamati. Si vuole invece portare l’attenzione sugli interrogativi suscitati dalle misure “emergenziali” adottate in relazione ad essi, in un Paese che si definisce democratico e che disattende la propria Legge fondamentale.  In questo libro percorriamo la storia recente del carcere e dei suoi dispositivi punitivi, seguendo la traccia delle emergenze che di volta in volta ne hanno determinato – o pretestuosamente consentito – l’evoluzione.  Prendendo l’esperienza armata degli anni settanta come analizzatore, si presenta la nascita del 41 bis e del corollario di articoli di legge che, dal 1986 ad oggi, sono in uso per privare di ogni diritto quei detenuti dei quali si vuole, con la forza, cancellare l’identità per sostituirla con un’altra.

Dentro una vita. I 18 anni in regime 41 bis di Vincenzo Stranieri, di Nazareno Dinoi (Reality Book, 2012)

In Dentro una vita il cronista Nazareno Dinoi racconta i 18 anni di “carcere duro” vissuti dal numero due della Sacra Corona unita pugliese Vincenzo Stranieri, tra privazioni, abusi, violenze psicologiche e fisiche. La storia di un bullo di paese diventato boss, tra rapine, sequestri, riti affiliativi. Dal 1984, il carcere. Dal 1992 il 41 bis, il regime carcerario riservato a chi è accusato di reati di criminalità organizzata. Niente ergastoli, nessun omicidio. Eppure non si sa se e quando Stranieri tornerà libero. L’ex boss, cinquantenne, è sull’orlo della pazzia. Non è un “pentito”, ma sa di aver sbagliato: “Se mi si darà una possibilità d’inserimento, dimostrerò che sono cambiato”. Siamo certi che l’Italia sia ancora un paese civile?

Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e del fine pena mai, di Francesca De Carolis (Stampa Alternativa, 2012)

A trent’anni dall’introduzione del reato di associazione mafiosa e dopo venti anni dall’inasprimento delle leggi per combattere la criminalità organizzata, tra cui il 41 bis, questa è la prima testimonianza collettiva di ergastolani, condannati per reati legati alla criminalità organizzata, che hanno scelto di non essere collaboratori di giustizia. In un momento in cui con sempre maggiore drammaticità si pone il problema dell’affollamento delle carceri italiane e delle condizioni di chi vi è detenuto, i loro racconti aprono una riflessione sulla condizione fisica e morale di chi è condannato a morire in carcere. Una riflessione sul senso della pena e sulla necessità del rispetto dei diritti che la nostra costituzione garantisce per tutti, indipendentemente dalla configurazione dei reati commessi.

L’ergastolo. Dall’inizio alla fine, di Nicola Valentino (Sensibili alle foglie, 2009)

“La fine dell’ergastolo non ha la stessa liturgia del suo inizio, quella che viene costruita con la sentenza della condanna. Il fine pena passa inosservato fra le carte della burocrazia penale, non è scritto a chiare lettere, al punto che non capisci se ti stia accadendo davvero”. La “pena di schiavitù” – come Cesare Beccaria definì l’ergastolo quando lo propone come alternativa alla pena di morte – pur se esaurita, resta nel corpo del condannato come un marchio indelebile. Ma le torsioni che l’ergastolano subisce e la sua sopravvivenza alla condanna non sono un fatto privato. Poiché implicano e coinvolgono tutta la sua rete amicale, familiare. lavorativa e affettiva, esse investono ampie fasce sociali. Perciò questo libro, attraverso l’esperienza dell’ergastolo vissuta dall’autore, il racconto di chi sconta la pena senza la speranza di una fine e gli scritti degli ergastolani d’ogni tempo, pone una domanda essenziale: può la nostra società. con un guizzo di civiltà, liberarsi di questo residuo di schiavitù?

Mai. L’ergastolo nella vita quotidiana, di Annino Mele (Sensibili alle foglie, 2005)

“L’assenza di un fine pena certo può essere considerato il primo basilare dispositivo su cui si fonda l’istituto dell’ergastolo, ed è questa durata infinita della pena che la rende specifica nella sua quotidiana esecuzione. Si potrebbe dire che se con la pena di morte lo Stato toglie la vita a una persona, con l’ergastolo se la prende”. Così Nicola Valentino introduce alla lettura di questo libro nel quale Annino Mele racconta l’esperienza quotidiana del carcere, vissuta da un uomo il cui fine pena è fissato al 99/99/9999. Mai. Una narrazione che svela senza reticenze il falso mito della funzione rieducatrice del carcere e quello della presunta virtualità dell’ergastolo nel sistema penale e giudiziario attuale. Come se questa pena non fosse realmente scontata dagli ergastolani. Un libro che descrive i dispositivi del carcere, le sue banali violenze quotidiane (che si possono tradurre in un dispetto o in un suicidio), i suoi misteri irrisolti (come l’epidemia di febbre Q nel carcere del Bassone e le voci che sotto a quelle fondamenta sia stata sepolta la diossina di Seveso). L’interrogativo che questo libro vuole porre è se non sia giunto il momento di abolire la pena dell’ergastolo.

Lettere dall’ergastolo, di Luigi Settembrini (Feltrinelli, 1962)

Durante gli anni di prigionia trascorsi sull’isola di Santo Stefano, la distesa marina rappresentò per Luigi Settembrini l’idea di libertà e, al contempo, un ostacolo insormontabile, che acuì il senso di reclusione. Il microcosmo di Santo Stefano fu l’universo condensato di un intellettuale che spaziò con la mente sulle pagine del Cosmos di Humboldt, continuando a progettare il futuro.
Le giornate umide accarezzarono i pensieri malinconici di un prigioniero politico che riuscì a sopravvivere perché spinse gli occhi oltre le feritoie dell’ergastolo.


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